Il mio Blog e il mio sito diventano una sola cosa...www.sebastianozanolli.com

Ciao....il mio blog ed il mio sito diventano una sola cosa.

Da oggi, 17 Settembre 2009,

www.sebastianozanolli.com raccoglie tutto. Opinioni, spunti, strumenti, commenti, dati e date, appuntamenti, foto, files...

Insomma...questo blog che mi ha dato tanti amici e soddisfazioni cambia indirizzo....ma non cambia anima.

Ci mancherebbe...

Grazie per l'affetto. Davvero.

Sebastiano

martedì 13 gennaio 2009

A VALDAGNO MI HANNO CHIESTO DI RIPUBBLICARLO

ALLE 10 HO UN APPUNTAMENTO

Ufficio sanitario.
Viaggiatori internazionali.
Vaccinazioni consigliate per viaggiare in estremo
oriente.

Un po’ buffa questa dicitura,
un po’ demodè, penso tra me e me,
mentre, nel parcheggio del distretto sanitario,
inserisco l’allarme dell’auto alle 9,30.

Sotto naja ho fatto il carabiniere
e da allora il mio orologio biologico
è sempre puntato 15 minuti prima.
Una vita di anticipi sui ritardi di altri.

“Viaggiatori internazionali”
Immagino di essere sulla piattaforma dell’Enterprise
e che il signor Spok mi fulmini con un pizzicotto sulla spalla.
Come saranno fatti questi viaggiatori internazionali?
Saranno poi diversi da tutti quei viaggiatori internazionali
che si succhiano i viaggi nel canale di Otranto ?
O da quelli che gestiscono il ristorante cinese
dove vado di solito?

Insomma come al solito mi perdo in pensieri atipici
ma sono pieno di fiducia.

9.32

Entro nell’edificio color crema dove fanno bella mostra
questi infissi in metallo anodizzato brunito
che hanno forse salutato la catena di produzione nel ’70.
Rivera giocava in nazionale con Riva,
Benetti terzino.
Non si suona, non si bussa, non si chiede.
Più semplicemente si entra e non c’è nessuno.
A destra, in un ufficio tenuto su da manifesti sbiaditi
sul pericolo della salmonella
e pile di faldoni
e plichi
che sembrano avere come unica speranza
per rivedere la luce
“Chi l’ha visto?”
o il pagamento di un riscatto,
non c’è proprio nessuno.
Anche se intuisco tra i mille fogli,
cartelli e post-it
che proprio lì dovrebbe essere
la portineria o qualcosa di simile.
A sinistra un ufficio più ordinato, ma umanamente vuoto
che fa da cassa di risonanza al telefono
che suona, suona, suona.
Beh, al lavoro risponderei io, la legge in ufficio è
che chiunque passi davanti ad un telefono che squilla risponde.
Potrebbe essere un cliente e,
a costo di prendere solo nota per il collega,
è fondamentale rispondere e fare sentire l’interesse.
Già. Ma qui mica sono il capo.
Qui sono cliente, visto che il servizio sanitario lo pago.
Inoltre dovrò pagare anche i consigli che mi daranno oggi.
Già, però penso anche che sono anche il titolare di questo ufficio,
visto che rappresento la comunità che nel suo insieme ha deciso
di averlo e mantenerlo questo ufficio.
Allora….che faccio rispondo o no?
Potrei almeno rispondere che non c’è nessuno
e lasciare un biglietto a chi verrà…
”Ha chiamato il signor tal dei tali
e vorrebbe sapere se la sua copertura inail
è ancora valida...etc…etc…richiamatelo per favore allo….”.

Sono cliente,
titolare
ma senza autorizzazione a fare del bene
e devo anche scappare a fare il mio lavoro.
Qui non si vede anima viva.
Vabbè, lasciamo che squilli.
Sono o no un viaggiatore internazionale?
Un indiana jones del 2006?
Continuo ad esplorare…
Stanze dedicate a spirometrie,
ambulatori,
targhette con nomi di medici ectoplasmatici.
Tutte vuote.
Sembra un film che vedevo da ragazzo
in cui una epidemia aveva sterminato quasi tutti
e rimanevano solo pochi sopravvissuti.
Ecco si, mi sembra di essere un sopravvissuto che
vaga in un edificio trafugato da Berlino est.
Sento dei passi.
Due persone scendono dalla scala con passo lento e pesante.
Girano verso di me.
Finalmente.
Ma come fossi fatto di aria mi trapassano
ed escono dalla porta principale.
Ho sorriso e salutato.
Niente da fare.
Non attacca.
Chissà chi erano.
Mica si capisce da qualcosa
chi lavora qui e chi invece fa il turista.
Mi siedo.
Una mosca sul vetro dimostra un dinamismo distonico
rispetto all’ambiente
che mi
incuriosisce.
La natura che non si adatta ai ritmi ed alle abitudini umane.
Ma la mosca, è scritto,
qui morirà.
Troppo dinamismo.
Leggo uno dei mille poster attaccati alla rinfusa su tutti i muri
che consiglia alle badanti straniere
di telefonare ad un numero verde per denunciare abusi.
Immagino che il portinaio che manca qui
sia andato a rispondere a quel numero verde.
Un altro poster mi informa che esiste una via di uscita all’alcolismo,
non mi dice quale,
ma è già un raggio di sole saperlo in questa situazione.
Vorrei bere per sentirmi meno solo.
Alzo gli occhi e leggo “Sala di attesa viaggiatori internazionali”.
A dire la verità è una sala d’aspetto anche per altre categorie,
ma “viaggiatori internazionali” è sottolineato, le altre categorie no.
Curioso.
Chissà perché.
Mi siedo.
Se è una sala di attesa…attendo.

9.45
Entra una signora con un viso da nonna buona.
Mi sollevo, è vestita di bianco, con una casacca.
Potrebbe essere una infermiera. O quasi.
Le chiedo informazioni.
Non mi sbaglio, è buona.
Mi dice che secondo lei mi sono confuso.
Oggi le due persone con cui ho appuntamento non ci sono.
Hanno un convegno.
Io sono molto sicuro perché ho chiamato
due volte per sicurezza.
E ho anche chiesto i nomi delle persone
che dovrebbero consigliarmi.
Dopo qualche reticenza li ho avuti
e ora sono proprio sicuro del fatto mio.
La signora è gentile.
Forse ha “viaggiato internazionalmente”…
chiama qualcuno…io ascolto.
No, questo signore non le sa dire proprio nulla.
La voce rimbomba tra gli androni silenziosi
ed illuminati dai neon tetri e scarni
che vivono appiccicati ai soffitti di questo posto.
Davvero desolante e sciatto questo posto.
Mi dice di salire le scale e parlare con un responsabile,
le chiedo il nome, non me lo dice,
in questi posti non è una bella cosa chiedere i nomi,
si nota che ti guardano come se fossi uno
di striscia la notizia.
Salgo. Sulla sinistra del primo piano,
in un ufficio silenzioso,
un uomo e una donna discorrono dei fatti loro
appoggiati sugli schienali delle sedie,
mi guardano come se li avessi sorpresi
ad importare armi in Iraq.
Chiedo dove posso trovare il responsabile.
Prossimo ufficio.
Il responsabile sta telefonando.
Aspetto.
Finisce la telefonata.
Busso. Entro. Mi sento come se avessi il naso sporco
tanto è lo stupore con cui mi fissa.
Mi spiega che lui non sa ma che c’è sempre qualcuno
che svolge l’attività che mi serve
basta che vada giù in sala d’attesa.
Appunto, in sala d’attesa.
Chiedo il nome della persona che dovrei vedere.
“Un addetto sanitario” mi risponde il responsabile.
Di ottenere un nome qui non se ne parla.
Vietatissimo, come se fossimo a Los Alamos
durante la guerra fredda.
Chissà se “Sanitario” sarà il nome o il cognome…
Ci vado.
Aspetto il signor Sanitario (penso che sia il cognome).

Sono le 10 meno 10 minuti.

Passa la signora in bianco
che mi dice che se nell’ufficio c’è la borsa è un buon segno,
significa che
il signor Sanitario c’è.
Non sa dove ma c’è.
Bene. Finalmente una certezza.
Sento sbatacchiare una porta interna,
esce un medico, immagino dalla veste.
Mi guarda e credo che la mia espressione
gli ispiri tenerezza (tutti cerchiamo di ispirare tenerezza
quando siamo negli uffici pubblici
e soprattutto negli uffici sanitari
sembriamo tutti dei cuccioli di koala ).
Gli spiego cosa cerco e mi dice che sono nel posto giusto
ma che sono in anticipo, in effetti

sono le 10 meno 2 minuti
e che appena finirà un lavoro mi chiamerà.
Devo solo avere un po’ di pazienza. Dote che non mi manca.
Tanto ho il blackberry, posso lavorare ovunque.

Esco alle 10,50
dopo aver ricevuto tutti i consigli che cercavo
e avere incontrato non uno ma due medici
che mi sono sembrati molto seri ed impegnati a dire la verità.

Beh..
in portineria e negli uffici sempre nessuno...
avrei potuto uscire con una scrivania sulla schiena
e non avrebbe fatto molto scalpore.

Mi chiedo ma io sono cliente e titolare di un posto così?

Ma qualcuno me lo ha chiesto cosa preferisco?

Mi chiedo cosa succederebbe
se qualcuno fosse realmente responsabile
per queste strutture?

Mi chiedo se pubblico significhi per forza
de-responsabilizzazione,
tristezza
e desolazione.

Perché oltre al servizio in sé la gente chiede anche
metodo, gentilezza, garbo, attenzione.
Rispetto.
Penso a tutta quella gente di buona volontà
che affronta situazioni disagiate
per lavorare con impegno nel pubblico impiego
accomunata a tanti cialtroni il cui unico scopo
è ritirare lo stipendio
senza mai ritornare un briciolo di contropartita.
Chi rifonderà i primi della perduta stima dei cittadini?

Chi salverà questi bravi lavoratori
dalle occhiate riprovevoli dei figli precari
che non troveranno più i posti di lavoro pubblici
resi troppo costosi ed inutili proprio da quei cialtroni?

E i capi di questi lavoratori?
Dove sono, cosa fanno ?
Sono complici o vittime della decadenza delle istituzioni ?
Certo che più in alto cerco, più mi aspetto responsabilità.
Non potrebbe essere diversamente.
Anche questi capi si dividono forse in due classi ?
Chi rifonderà mai tutti noi per l’ inefficienza
del sistema nel suo complesso?

E’ sempre la decisione di fare la differenza individualmente
che salverà il singolo e la comunità.

Non esistono movimenti,
partiti,
sindacati,
gruppi di pressione,
lobby,
che possano sostituire la persona.
L’unica che può dire basta a certi andazzi.

Che possa rifiutare di agire da pecora
ed accettare comportamenti lesivi della comunità.

Questa medicina non è nemmeno amara.
Essere responsabili forse può essere inconsueto,
ma certamente non amaro.
Significa decidere
che il frutto delle nostre azioni è nostro
e che anche quando è possibile nascondere la mano
dopo aver tirato il sasso si rinuncia a farlo.

Punizione o non punizione, gratifica o non gratifica.

In soldoni significa essere uomini.

Si chiamava senso civico sui vecchi manuali del liceo.

E’ stato pensionato
perché avere di fronte gente responsabile
fa paura in molti ambiti, ma credetemi,
recuperarlo sarà l’unico modo perché i nostri figli,
almeno, non sputino sulle nostre
tombe.

Il blackberry vibra.
Forse è un cliente.
O forse il mio capo.
Sarà meglio rispondere.
Sono un viaggiatore internazionale dopo tutto.

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Il video di presentazione di "Io, societa' a responsabilita' illimitata"

Un Video che vale : Last lecture di randy Pausch

- "Ogni ostacolo, ogni muro di mattoni, è lì per un motivo preciso. Non è lì per escluderci da qualcosa, ma per offrirci la possibilità di dimostrare in che misura ci teniamo. I muri di mattoni sono lì per fermare le persone che non hanno abbastanza voglia di superarlo. Sono lì per fermare gli altri".