Il mio Blog e il mio sito diventano una sola cosa...www.sebastianozanolli.com

Ciao....il mio blog ed il mio sito diventano una sola cosa.

Da oggi, 17 Settembre 2009,

www.sebastianozanolli.com raccoglie tutto. Opinioni, spunti, strumenti, commenti, dati e date, appuntamenti, foto, files...

Insomma...questo blog che mi ha dato tanti amici e soddisfazioni cambia indirizzo....ma non cambia anima.

Ci mancherebbe...

Grazie per l'affetto. Davvero.

Sebastiano

mercoledì 31 dicembre 2008

Venerdì 9 gennaio 2009 ore 20.30 - Sebastiano Zanolli presenta a Valdagno 'Io, Società a Responsabilità Illimitata'



Note a cura di Alessandro Zaltron.

GUEST POST DI FEDERICA ROSSI

Grazie !
Non banalmente grazie, ma sinceramente grazie di cuore. Grazie per aver voluto donare ancora una volta una parte di te.
Non è prerogativa comune il voler condividere il proprio bagaglio di esperienze, le proprie riflessioni, il frutto di tanto studio e meditazione.
Ho letteralmente divorato il tuo ultimo libro, assaporandolo pagina dopo pagina. Carta e matita alla mano ho preso appunti, scritto parole chiave, annotato citazioni, titoli di libri, indirizzi web…..preda di una famelica trance d’apprendimento ( e vista la mole di spunti che mi hai fornito avrò un bel po’ da fare).
Paragrafo dopo paragrafo avevo sempre più l’impressione d’essere sintonizzata sulla tua stessa lunghezza d’onda, scoprendo una comunanza di punti di vista. Con ciò non voglio presuntuosamente paragonarmi a te, voglio solo esprimere la mia gioia nel constatare che qualcun altro è riuscito a dare un’elegante quanto mai chiara e coerente forma a quel turbinio di “sconnesse” intuizioni che da tempo mi accompagnano.
Illuminante il passaggio sull’eleganza. Cosa c’è di più difficile da ottenere di una forma semplice, ma al contempo bellissima, proprio perché pulita, essenziale. “Essenziale” perché mette a nudo la sua intima natura.
La vita di ognuno di noi potenzialmente potrebbe divenire un capolavoro, se solo riuscissimo a scrollarci di dosso ingombranti orpelli e fardelli, concepiti solo per mascherare ataviche paure, meschinità, debolezze e confusione d’intenti.
Non parliamo poi del capitolo dedicato alla costanza. Mi ha fatto letteralmente venire i brividi. L’ho vissuto proprio come una comunione di vedute, che m’ha fatto ricordare d’aver scritto diversi mesi fa qualche riflessione sull’argomento, scaturita dopo aver letto il tuo “Sono stato di recente in Senegal”. Non ricordo se ti ho mai inviato quelle righe, ma a costo di essere ripetitiva lo farò ora.
Accettale come umile ringraziamento e dono sincero. Forse anch’io sono affetta da quel male incurabile che mi porta a scrivere perché preda di un’irrefrenabile pulsione. Probabilmente la malattia è per sua stessa natura anche medicina, connubio indissolubile, come quello che unisce le due facce della stessa medaglia, oppure il giorno e la notte…. e si potrebbe continuare all’infinito !!
Sarebbe bellissimo assistere alla genesi di un libro, al suo prendere corpo, togliendo l’eccesso, come vedere uno scultore all’opera. T’immagino un Michelangelo che, gesto dopo gesto, estrae dal marmo una forma preesistente…assolutamente elegante.
Come l’ultimo dei più inesperti ed umili garzoni di bottega starei lì , onorata di raccogliere polvere e frammenti di materia, nobili scarti di un’opera d’arte.

Avevo ragione dicendo che sono proprio malata !! presa dal mio delirio stavo dimenticando di allegarti quella benedetta riflessione.



Stavo riflettendo sulla Semplicità ed ecco, d’un tratto, mi vengono in mente le virtù.
La Semplicità penso appartenga a questa categoria.
E va a braccetto con la Costanza.
Perché quando gli obiettivi sono messi bene a fuoco, tanto chiari quanto più il loro raggiungimento diventa di vitale importanza, la strada per perseguirli ti si apre innanzi, come una folgorazione.
La meta è nitida, ma ciò non si traduce in un percorso privo di insidie e difficoltà.
Serve Costanza per affrontare il cammino, per restare lucido, per non perdere mai di vista la meta, per essere presente a te stesso.
Come un maratoneta che si allena per correre la gara della sua vita. Con costanza pensa al grande giorno e si prepara, cercando sempre, passo dopo passo, di superare il proprio limite.
Una maratona non si improvvisa, così come il capolavoro della nostra vita.
L’intuizione della meta è fulminea, la sua materializzazione è una maratona lunga quanto l’esercizio di Semplicità e Costanza ci consentono, nel rispetto di noi stessi, del nostro ritmo, del nostro passo.
La maratona va corsa con la pulizia, la naturalezza e la continuità del gesto atletico, anche se dovesse durare una vita intera.

Ora devo proprio finire, auto censurandomi, altrimenti rischio di veder finire il mio indirizzo nella lista della posta indesiderata !!!!!!!

Grazie di cuore


Federica


federicarossi@myterralink.it

martedì 23 dicembre 2008

L'UNICO TERRITORIO MIO

Stavo correndo e sudando quetsa sera fredda e traboccante di nebbia.
In quella sorta di mistica estasi che quelli che corrono un pò conoscono...e che ti aiuta a mandare a quel paese problemi e tossine accumulati nel feroce accartocciarsi dei casini giornalieri.
Pensavo a tutte le cose da sistemare, alle telefonate da fare, ai report da scrivere, ai clienti da chiamare, ai colleghi da stare a ascoltare...
Le gambe si muovono come le campane della domenica nel buio del secondo giorno di inverno.
La mistica mi abbandona d'un tratto e l'affano mi pervade.
Non ce la farò a dare una direzione a tutto.
Il caos mi tormenta come un turbine nero.
Il respiro mi esce piano, troppo piano per essere un sollievo.
Sto male, a disagio tale da chiedermi perchè corro...perchè corro anche di notte...nel freddo.
Poi la tossina schizza fuori come un sasso dalla fionda.
La chiarezza mi entra come una lama illuminata e sibilante nell'anima pesta e livida.
L'unica cosa, l'unica situazione, l'unico essere da controllare, da mantenere in assetto, da calmare, sono io.
Non avrò mai il controllo del fuori.
L'unico universo che mi hanno concesso in appalto è il mio.
Quello dentro.
Vasto e complesso quanto io lo desidero.
Chiaro o scuro come io decido.
E' li che sono re.
Li che mi gioco la partita della vita.
A casa mia , tra i prati del cuore, le montagne della mente e gli abissi dell'anima.
Ma sempre a casa mia.

martedì 16 dicembre 2008

Editoriale di Piergiorgio Del Santo

Vi segnalo l'editoriale che ha scritto Piergiorgio Dal Santo sul libro
'Io, Società a Responsabilità Illimitata'
presso il blog http://pgdalsanto.blogspot.com/ .
Grazie mille!

lunedì 15 dicembre 2008

Ecco le foto della serata

13-12-08 - Presentazione libro a Bassano


Sebastiano Zanolli presenta il suo ultimo libro: 'Io, Società a Responsabilità Illimitata'

Foto di Andrea Bordin - Per info puoi contattarlo al seguente indirizzo email neno@neno.it

Interpretazione del testo a cura dell'attrice Stefania Carlesso.

Il mio grazie va a tutti quelli che il 13 dicembre......


Quando come questa sera hai ricevuto tanto affetto da riempirti fino all'orlo, ti chiedi come mai.
E non puoi dormire, nè fermarti, nè leggere...
Puoi solo vagare tra la cucina e lo studio e lo studio e la cucina e le scale e il giardino...
Chiedendoti perchè...
E non c' è nessuno e niente e nulla che mi dica e spieghi perchè tanta gente mi vuole bene.
E andrò a letto stanco e felice ma senza risposte.
E mi alzerò con la voglia di capire e continuare a portare a casa questo pezzetto di infinito che il mondo mi continua a regalare.
Il mio Grazie va a tutti quelli che il 13 Dicembre hanno preso tanta pioggia per venire ad ascoltare la storia che avevo messo insieme per loro.
Il mio cuore ha battuto per voi.
Sebastiano

Foto di Andrea Bordin - per info neno@neno.it

venerdì 12 dicembre 2008

MANAGERZEN - SEGNALE n°265


REGALO DI NATALE!


"Io società a Responsabilità Illimitata"
Il nuovo libro di Sebastiano Zanolli appena uscito in libreria in regalo a chi ......
Puoi seguire il link qui sotto o cliccare sul logo Managerzen per ulteriori informazioni.

mercoledì 10 dicembre 2008

'Io società a responsabilità illimitata. Strumenti per fare la grande differenza'



'Io, società a responsabilità illimitata. Strumenti per fare la grande differenza' viene presentato sabato 13 dicembre: per informazioni visita il sito http://www.sebastianozanolli.com/ .


...' Come per gli altri volumi precedenti è dunque difficile riassumere in poche parole i contenuti e gli spunti che emergono rispetto ad un tema così vasto, si può solo accennare agli argomenti trattati citando i diversi capitoli e lasciando alla lettura integrale il piacere della scoperta.
Visto che parliamo di un libro sull’auto-miglioramento qualcuno, come rileva Diego Dalla Palma nella prefazione, potrebbe pensare che ci siano dentro tante belle parole e sogni ma che poi la realtà sia un’altra.Ebbene Zanolli ci dice subito, come le altre volte, che i suoi libri sono fonte di ispirazione ma che il merito del cambiamento sarà solo di chi saprà muoversi e credere nei propri sogni e nelle proprie possibilità dopo averli letti.'...


Puoi leggere l'intero articolo scritto da Gianluigi Zarantonello cliccando il seguente collegamento:


L'ABC della politica - Guest post di Alessandro Zaltron

L’amico Sebastiano Zanolli invita a essere ottimisti, o meglio a cercare di costruire con ciò che abbiamo anziché fissarci su quello che manca. Ma, limitandomi all’ambito politico, fatico a sperare nel riscatto.
La nostra Italia martoriata, esiliata, “cavata” e cementata resterà, temo, come l’abbiamo ridotta – sì, anche noi, delegando magari in bianco a personaggi di levatura culturale nulla, oltre che di dubbia moralità. E passi per il banditismo: posso accettare un politico troppo furbo, non tollero uno ignorante. Perché gli ignoranti, come i perditempo, sono capaci di tutto, soprattutto dei maggiori disastri. E non ditemi che la cultura è inutile, sovradimensionata rispetto agli incarichi di un amministratore locale, che nessuno vuole una repubblica elitaria basata sul livello di scolarizzazione.
Il problema è che, fosse pure il consigliere comunale di un paese con trecento abitanti, esigo che sappia leggere e scrivere. Non come Gassman che recitava da attore il menù del ristorante, né come Baricco che ti infioretta perfino la lista delle spesa. Ma, cavolo, uno che si arrangi con la grammatica. Che non metta in documenti ufficiali “qui” invece di “cui”, che non si rivolga “ha loro” anziché “a loro”.
Perché scrivere è una delle prime cose che impariamo nella nostra vita; è il cardine. E se uno non sa mettere due parole una dietro l’altra, non possiamo fidarci di affidargli la pianificazione di un territorio, la gestione dei soldi di tutta la comunità, la costruzione di sogni collettivi che saranno per definizione degli errori da matita rossa – quando non orrori.
Se sei impreparato su aspetti basilari, non sei adatto a rappresentare nessuno, tantomeno te stesso. Come può interpretare la volontà del popolo colui che non sa neanche formulare le proprie idee? L’abc è l’alfabeto della sintassi politica, è come l’intonazione per il cantante lirico o la malta per il muratore: quando non ce l’hai e non la impari, non si può far finta che vada bene lo stesso.
Beppe Grillo punta sull’indegnità dei politici condannati in via definitiva. Ottimo. Le Iene attaccano i parlamentari inondati di coca – non quella con le bollicine – e che non conoscono il nome del Papa o dove si collochi il Burkina Faso. Perfetto.
Io propongo che gli aspiranti a cariche pubbliche vengano sottoposti a un test di grammatica elementare. Le parole sono importanti. Quelle che si dicono e quelle che si tacciono.
Obietterete: basta la sostanza. Ma le parole sono l’avanguardia di un mondo! E dietro quelle di tanti politici, fateci caso, non si nasconde nulla tranne il vuoto che le genera.

Alessandro Zaltron
http://www.alessandrozaltron.com/

mercoledì 3 dicembre 2008

Dal Corriere della Sera del 29 novembre.....

EDITORIALE DI GIOVANNI COSTA
sul libro di Sebastiano in uscita il 13 dicembre ,
articolo scritto sul Corriere della Sera
il 29 novembre 2008.

http://www.sebastianozanolli.com/images/rassegnastampa/corriere_della_sera_zanolli.pdf

giovedì 27 novembre 2008

BUON COMPLEANNO SEBASTIANO!

Un grande abbraccio

e mille di questi giorni...

Semplicemente.

Dal Team ........

Che fa la differenza!

venerdì 21 novembre 2008

UNA GIORNATA MERAVIGLIOSA

Oggi è stata una giornata dura.
Raffreddore, febbre, tosse.
Meeting, clienti scontrosi, colleghi preoccupati, mogli di corsa e figli richiamati dai professori.
Auto guaste, traffico e nebbia, la multa di un ente su alcune gabelle di 10 anni fa dimenticate da una agenzia distratta.
Una giornata dura.
Stancante e logorante come un cappotto vecchio che non scalda per nulla.
Telegiornali sciamanti notizie ripiene di ansia.
Pil in calo, inflazione, deflazione, stagflazione, mib, euribor, pedofilia e aggiotaggio.
Scioperi e abigeato.
Una giornata dura.
Torno tardi.
Quasi l'una.
La caffeina mi tiene sveglio: 7 caffè.
Un record.
Mi batte la tempia come se fossi ad un concerto tecno.
Vibro come una bandierina di mare agitato.
Una giornata dura.

Guido piano, il sonno mi stende.
Penso tutto il male possibile...
Ma quando tutto cade ecco una corda.

Accendo la radio.Sento un programma.

Una intervista che mi torce il cuore e l'anima.

Si chiama Nedo Fiani.

Arrivo a casa.
Non ho diritti,
non ho stanchezza nè tosse,
nè scuse nè alibi per non scrivere.

Non posso stendermi sotto delle lenzuola pulite e calde se prima non do un cenno di vita.
Vero.
Che mi dimostri che sono un uomo.

Devo dirmi qualcosa.

Voglio dirmi che oggi è andato tutto bene,
che ho avuto la mia parte di gioia non guadagnata.

Che oggi non ho attraversato l'Europa in un vagone bestiame al freddo e al buio.
Che oggi non ho dovuto abbracciare mia madre per abbandonarla per sempre.
Che oggi non ho dovuto spogliarmi e spidocchiarmi o defecare in pubblico con altri centinaia di persone.
Che oggi non ho visto morire centinaia di bimbi sani.
Che oggi non ho avuto in premio una legnata per il solo fatto di esserci.
Beh...E' già molto.
Ma non ho fatto molto perchè non si ripeta.
Scrivere è un primo passo.
Solo un primo passo. E si doveva fare prima di riposare.
Prima che passi la tosse.
Prima che il Mib risalga.

Perchè oggi è stata una giornata meravigliosa.

Grazie Signor Nedo.

Nedo Fiano nel 1944 aveva 19 anni, fu arrestato, internato a Fossoli, e quindi deportato in Germania, ad Auschwitz assieme al padre alla madre e ad altri familiari: erano in undici e ritornerà soltanto lui.

Fiano racconta con crudo realismo il terribile viaggio di una settimana in un carro bestiame sovraffollato, con soltanto il pochissimo cibo che erano riusciti a portarsi e con una sosta ogni giorno: tutti giù dal treno per i bisogni corporali, l'uno vicino all'altro sulla massicciata ferroviaria vincendo ritrosia e pudore; racconta come avesse intravisto il fianco nudo della madre e come ciò lo avesse sconvolto.

Nell'interminabile viaggio, soltanto nel suo vagone, un vecchio era morto e due neonati continuavano a piangere non trovando più latte a sufficienza dalle madri.
Poi l'arrivo ad Auschwitz nella notte, e all'alba il violento scarico, perché questo è il termine più appropriato, dei deportati dal treno, con le SS con randelli e cani che urlavano ordini per la gran parte incomprensibili e separavano in gruppi i deportati.

Faceva impressione sentire Nedo Fiano, che il tedesco lo conosce bene, ripetere con realismo questi ordini quasi latrati.
Nonostante il viaggio terribile il padre di Fiano scese dal treno con la giacca, il colletto duro e il cappello.

La madre fu separata dagli uomini e messa nel gruppo che, si seppe dopo, sarebbe stato immediatamente portato alle camere a gas, sterminato e bruciato nei forni.
Pur non conoscendo con esattezza il suo destino, la madre capì che quella era l'ultima volta che vedeva il figlio e si abbracciarono con le facce inondate di lacrime.
Il momento più terribile in assoluto, dirà Fiano rispondendo alla domanda di un ragazzo.

Poi la vita nel campo e l'episodio che lo aveva “miracolato” ed aveva consentito la sua sopravvivenza: all'inizio, ad una ispezione, un maresciallo delle SS chiese chi fra i prigionieri conoscesse bene il tedesco per fare da interprete, Fiano racconta che si sentì come sospinto dal nonno (morto alcuni anni prima) che aveva molto insistito affinché il recalcitrante nipote imparasse il tedesco.
Si presentò davanti al maresciallo che lo interrogò e che rimase come folgorato apprendendo che era nato a Firenze, evidentemente da lui conosciuta ed ammirata.

Sta di fatto che venne messo nel gruppo degli interpreti, un centinaio di uomini, che avevano l'incarico di essere presenti e di dare istruzioni all'arrivo dei convogli dei deportati, di notte e di giorno.
Un incarico fisicamente meno pesante dei lavori in cava o nelle fabbriche degli altri prigionieri.

Poi la descrizione della catena ininterrotta dello sterminio di massa: ad Auschwitz si è arrivati a gassare e bruciare fino a diecimila esseri umani al giorno, all'aperto quando i forni non ce la facevano: l'arrivo dei convogli, la selezione dei più deboli, non utili ai lavori forzati, il trasporto ai “bagni”, mille alla volta, l'obbligo di denudarsi nella promiscuità completa (un grave shock per persone strappate alle abitudini borghesi, sbattute nell'inferno e trattate come non-persone), le scarpe da legare fra di loro con le stringhe, per ritrovarle più facilmente dopo il bagno, dicevano, gli abiti appesi, e ricordatevi il numero.
Poi nella camera delle “docce”, le camere a gas: le luci si spegnevano e veniva introdotto il micidiale Ziklon B che però non uccideva istantaneamente, ci volevano cinque minuti, cinque minuti di agonia atroce e nessuno può immaginare cosa quelli che venivano uccisi potevano provare.
Poi i “Sonder Kommando”, le squadre speciali dei prigionieri addetti al “trattamento” dei cadaveri, tutti destinati ad essere a loro volta uccisi.
I cadaveri nudi venivano ispezionati, ano e vagina, per vedere se non avevano dei preziosi nascosti, venivano strappati i denti d'oro, alle donne venivano tagliati i capelli.

Poi i cadaveri venivano sbattuti su delle specie di barelle, portati con il montacarichi al piano superiore ed infilati nei forni crematori: 50 minuti a trecento gradi e dal fondo dei forni veniva scaricata la cenere che poi veniva trasportata con camion ribaltabili e buttata nella Vistola.

Pare che i pesci apprezzassero molto questa pastura umana...

mercoledì 19 novembre 2008

PRIMO INCONTRO - IL GRUPPO 'LA GRANDE DIFFERENZA' SI RITROVA A....

Ci vediamo questa sera
mercoledì 19 novembre
alle 21.00
presso il Martini 47 in via Martini, 47 - Nove (VI)
per il primo incontro
del gruppo 'LA GRANDE DIFFERENZA'.

ETICA 2 - Intervista a Sebastiano

'D: Quale è la sua definizione di etica professionale?

R: Direi che è il tentativo di usare in modo positivo il proprio arbitrio. Di avere dei criteri meno imperfetti possibili per decidere, portando a casa felicità, il più possibile per sé e per gli altri.


D: Nella sua esperienza, quanto e in che modo contano i valori, personali e aziendali, nel processo motivazionale volto al raggiungimento degli obiettivi di lavoro?

R: Molto direi. Non c’è obiettivo senza agganci ai valori. O meglio gli obiettivi diventano morbidi… Grigi… Evanescenti... e quindi non motivanti.
Devo essere certo di qualcosa per essere disponibile a lottare per esso… Anche se capisco che di questi tempi ci sono poche cose di cui andare sicuri.


D: Quali sono i principi e i valori di riferimento a cui lei si attiene?

R: Sono 3 i punti cardinali che uso per orientarmi. Uno negativo e due positivi.
1. Non recare danno .
2. Sapere che presto o tardi morirò.
3. Lasciare il mondo più pulito, bello, sano ed in ordine di quando l’ho trovato.
Vale per ogni cosa, sia sul lavoro che nella vita personale.

D: Quali risultano più difficili da perseguire nel concreto? Perché?

R: Tutti e tre, non sono semplici, ma solo perché sono ancora molto immaturo.
Confondo il passato con il futuro e mi astraggo dal presente.
Sono convinto che per una persona matura, veramente matura, l’applicazione paghi più di quello che costa e quindi diventi facile. '

giovedì 13 novembre 2008

mercoledì 12 novembre 2008

DAL LIBRO:'L'ANIMA DELLA LEADERSHIP:2'

Abbiamo più bisogno di leader informati o sapienti?

Il buon senso e il desiderio inducono a rispondere
che se i leader che incontriamo
e che ci guidano
possedessero entrambe le qualità sarebbe una vera fortuna.

Ma talvolta dobbiamo constatare che non è così.

Il tempo nel quale viviamo tende a mettere in ombra
la seconda dimensione a vantaggio della prima.

Nel mondo dell’informazione,
la sapienza sembra aver perso di significato e di valore.

Di significato perchè non è più così chiaro di che cosa si tratti;
di valore, perché non produce, nel breve,
risultati tangibili in termini di ritorno economico.

Ciò che più conta, per la modernità
e per la lotta che essa impone,
non è la sapienza, ma l’informazione, il dato;
non più dunque l’essenza delle cose,
ma il loro peso, la loro velocità, la loro materiale consistenza.

Non il valore intrinseco, ma il valore aggiunto.

Ma di che cosa parliamo quando diciamo “sapienza”?

“Sapienza è il sapere del sapere,
ossia la conoscenza degli ultimi fondamenti
e principi dell’essere e della vita.
Con ciò è data anche l’intelligenza del nesso del singolo con il tutto”.

La sapienza non è dunque una questione di quantità
di informazioni possedute o di nozioni immagazzinate, perché:

“non mira al molto sapere,
ma all’intelligenza degli ultimi principi dell’esistenza.
Saggio deriva da sapere e sapere da vedere.
Il saggio, dunque, è colui che ha visto molto,
che ha penetrato gli abissi della vita, che intravede,
scorge l’essenza delle cose.
Saggio è considerato l’uomo che conosce le cose
nel loro nesso reciproco, che domina i nessi,
conosce come nel profondo tutto è reciprocamente collegato”.

Sapiente è colui che, cogliendo con lucidità
le connessioni fra gli eventi, le cause e gli effetti,
trae insegnamenti dai risultati e acuisce la propria consapevolezza,
come in una spirale progressiva nella quale
l’azione alimenta la conoscenza e viceversa.

Come osserva Romano Guardini:
“… le cose non procedono
nel senso che prima le si conosca interamente
e poi si agisca in conformità ad esse,
ma conoscere e agire convergono in unità.

Dapprima si conosce poco.

Se si agisce secondo questo poco, la conoscenza cresce,
e dalla conoscenza crescente scaturisce un agire potenziato.

Il sapiente non è dunque,
come si sarebbe tentati di credere,
un uomo di attesa, bensì di azione.
Non si trastulla nella meditazione
che non sfocia mai nell’agire,
ma dall’azione trae spunti di conoscenza.
Non è un teorico estraneo alle concrete necessità dell’esistenza
e della professione, ma è persona dall’attenzione ben focalizzata.
Si pone domande. Osserva la realtà e ne legge i segni.

Soprattutto si pone domande orientate a cogliere innanzitutto i perché.
La scienza e la tecnica ci suggeriscono ogni giorno domande sul come:
“come funziona?”, “come si fa?”, “come si dice?”,
ma decisamente meno ci stimolano a domande sui perché,
presunte inutili e poco funzionali.
Eppure, come sostiene Luigi Alici

“Come : perché = scienza : sapienza”.

Di quale sapienza ha dunque bisogno oggi un leader?

Quali pensieri dovrebbero guidarlo?

Se è vero che il sapiente vede ciò che ai più sfugge,
le sue riflessioni dovrebbero indicare verso quale orizzonte
ci si sta dirigendo e quali correzioni di rotta occorre apportare.

Il pericolo più incombente che segna il nostro tempo
è lo stile di vita che ci sta fagocitando,
uno stile rampante, competitivo, a volte aggressivo;
uno stile che incorona vincente chi arriva primo;
uno stile segnato dal culto della prestazione,
nel quale non c’è molto spazio
per la qualità e la profondità delle relazioni,
per l’azione dei mediatori
e dei costruttori di ponti dallo sguardo lungo;
uno stile nel quale tutto si riconduce
all’azione e alla rapidità;
uno stile narcotizzante,
che stiamo accettando in modo acritico
e di cui non riusciamo a scorgere i rischi,
a partire da quello della disumanizzazione dei rapporti.

Diceva, in un convegno ad Assisi nel Natale del 1994,
Alexander Langer, primo presidente del Gruppo Verde del Parlamento Europeo: “Voi sapete il motto che Pierre de Coubertin ha riattivato per le olimpiadi:

citius, più veloce; altius, più alto; fortius, più forte.

Questo è il messaggio che oggi ci viene dato.

Io vi propongo il contrario:
lentius, più lento;
profundius, più profondo;
suavius, più dolce.

Con questo motto non si vince nessuna battaglia frontale,
però si ottiene un fiato più lungo.”

A questo nostro tempo manca proprio il fiato dell’etica,
della prospettiva di lungo termine,
della visione consapevole delle conseguenze di ciò che si fa,
del senso da attribuire all’azione e al risultato.

E così l’etica diventa etichetta, galateo morale,
sommatoria di regole piccole per un “bon ton” di largo consumo.

Il sapiente sa guardare oltre.

Quando parla di bilancio, lo coniuga al plurale:
esistono vari bilanci, sebbene alcuni fra essi non possano essere scritti
e riguardino dimensioni cosiddette intangibili,
come la fedeltà ai principi e il rispetto delle regole.

Nel lungo periodo il bilancio economico,
quello che sembra contare di più
e che d’altra parte garantisce la sopravvivenza dell’azienda,
sarà significativamente influenzato dagli altri bilanci.

Solo una visione miope e di corto respiro non riesce a comprenderlo.
Non è un caso, del resto, che le aziende che realizzano i maggiori profitti
siano quelle i cui valori sono chiari e condivisi e rispettati.
Il sapiente, infine, sapendo andare al centro delle questioni,
e cogliendone l’essenza, ha la capacità di semplificare,
che non vuol dire banalizzare.

Oggi pare che la complessità sia la condizione
che conferisce prestigio all’azione e ne determina il valore;
ciò che è semplice non ha qualità e peso.

Ora, si tratta di capire se tutto ciò che è complesso
non sia invece soltanto complicato,
cioè deliberatamente reso e macchinoso da un’esigenza di autostima,
di immagine o di marketing.

Semplificare può rivelarsi utile
per ricondurre le cose
alla loro dimensione reale,
alla loro effettiva necessità
e dunque per ritrovarne il senso.

Scrive Sebastiano Zanolli, direttore commerciale di Diesel Italia:

“Se ora mi chiedo se la semplicità conviene,
la risposta è sì.

La semplicità significa facilità di comprensione,
d’uso, di gestione di cose
e di processi.
Quindi maggiore fruibilità di ciò che rende soddisfatti e,
per caduta, maggiore felicità.
E non significa che lo sforzo per produrla
sia necessariamente intuitivo o leggero.
La semplicità costa perché vale.
Conviene perché l’alternativa costa uguale e rende meno felici.
La complicazione è spesso un artificio di marketing di privati e imprese
in epoca di concorrenza globale
e non sempre i risultati rispettano la promessa di felicità fatta.
Ma se è un valore e ha un costo serve decidere e perseguirla.
Nelle piccole e grandi scelte quotidiane.
Ma, ripeto, costa.
Costa riconoscere che tutto quello che serve in verità
è molto meno di quello che crediamo.
L’essenza della semplicità è il riconoscimento del poco che siamo
e del poco che necessitiamo;
della sovrastruttura che usiamo per crederci potenti e,
con scarse prospettive, immortali.
Un brutto risveglio per un re del creato che si è così evoluto.
Sento qualcuno lamentarsi che per guadagnare la semplicità serve disciplina. Credo proprio di sì.
La confusione è gratis.
La complicazione può costare,
ma spesso la vendono con un congruo sconto.
La semplicità, di questi tempi, no.
E c’è anche un sovrapprezzo per portarla a casa.
Si chiama chiarezza.
E qui ognuno deve arrangiarsi da sé.
A volte è la chiarezza che trova noi,
ma solo quando abbiamo camminato abbastanza
da ritornare quello che eravamo all’inizio.
Prima della grande abbuffata. …
Sarà sempre bene ricordarsi che proprio perché grande,
confuso e interconnesso,

questo pianeta ha bisogno di gente
che sappia che il proprio bene è contenuto
anche nel bene del prossimo.

Gli altri sono già diventati noi o forse lo sono sempre stati.”

Sebastiano Zanolli, Semplice senza scherzi, www.managerzen.it

sabato 8 novembre 2008

Racconto di Sebastiano da 'People Manager'

Luglio 1991, caldo soffocante, dintorni di Salonicco, Grecia.

Ho con me una pilotina piena di campioni di tessuto,
vesto il mio completo di poliestere/viscosa
e un’improbabile cravatta a fiori,
rotolata fuori dai ruggenti anni Ottanta.

Mi sta di fronte un imprenditore locale,
molto, ma molto più bravo a comprare
di quanto io non sia bravo a vendere.

Inizio.

Approccio,
presentazione del prodotto,
superamento obiezioni,
chiusura.

Seguo come dal manuale di Mario Silvano
tutte le tappe che un manager delle vendite
deve percorrere per finalizzare un affare.
Ma niente, Jorgo è un osso duro.

Non chiudo nulla.

Riprendo daccapo.

Caratteristiche, vantaggi, tecnica del sandwich, ricalco, guida.

Tutta la programmazione neurolinguistica sulla punta delle dita.
Ma in Grecia discettavano di filosofia
e commerciavano quando i miei avi barattavano radici e pigne.
Non c’è storia.

Lui comprerà solo se mi calerò i pantaloni sul prezzo.
Ormai è chiaro. Continuo a perdere terreno.
Sono alla frutta e quindi gioco una carta che mi sembra ottima.

Telefono al titolare, al mio datore di lavoro,
nonché direttore generale.
Il dispensatore di autorità, l’ente supremo. Lui può.
Lui ha tutte le possibilità di risolvere il mio problema
e soprattutto lui sa.

Io credo che lui sappia.

Lui è sopra e lui sa e può.

Non esiste il cellulare nel 1991, non che io almeno sappia.
Quindi cerco un fisso e chiamo.
Spiego.
Dico.
Illustro al capo la situazione.
Ecco, mi basta la soluzione.

Mi aspetto una taumaturgica sentenza.
Ecco è qui l’errore.
Il grande errore.
La mia crassa ignoranza di giovane manager
se ne esce con spudorata semplicità.

Ho pensato che chi sta sopra sappia.

Ho creduto che la mia posizione possa permettere spostamenti di responsabilità.
Ho immaginato che ci sia sempre un aziendale lieto fine grazie a un Deus Ex Machina ,
come nei film di Frank Capra. E nessuna di queste assunzione è vera.
Ecco il testo della risposta.
Lo ricordo a memoria.

“Senti Sebastiano,
mi sembra che tu non sappia come fare
per chiudere questo affare.
Ora, visto che anch’io non so come fare
e inoltre non voglio nemmeno sapere come fare,
non ho nulla da dirti.
Sappi però che quest’azienda si può permettere
solo una persona che non sa come fare,
e ora, per quanto mi guardi intorno
vedo che quell’unica persona sono io.
Quindi, se tu non sai come fare
e io non so come fare,
quello che è di troppo sei tu
e in questo caso ti prego di toglierti di torno”.

Avevo sbagliato tutto.

Avevo sbagliato punto di vista e anche principio.

Il capo ero io.

La funzione era mia.
Il Deus Ex Machina se c’era,
dovevo essere io.
Nessun altro.

Ecco, ho imparato che in cima,
anche in cima a un mucchio di sassi,
si è da soli e nessuno ti toglierà le castagne dal fuoco
e nemmeno deve togliertele.
Succede che per lo stesso fatto di avere accettato un lavoro
hai accettato la responsabilità.
Sono due facce, ma sono la stessa moneta.
L’unica consolazione, dice Donald Trump,
è che almeno in cima non si sta stretti.

Speriamo..

lunedì 3 novembre 2008

CRISTINA BELLEMO: 25 STORIE DI NATALE




Cari amici,

mi fa piacere allegarvi l’invito alla presentazione del mio libro '25 Storie di Natale',

che avrà luogo il prossimo 16 novembre, alle 16.30,

a Palazzo Roberti a Bassano del Grappa: una domenica in libreria,

con lettori-attori e musicisti bambini,

che narreranno per i piccoli ma anche per… i grandi!

Vi aspetto,
un abbraccio,
Cristina

sabato 1 novembre 2008

LARRY WALTERS

Ho letto uno strano libro

e tra i mille pensieri che mi scatenano i libri come questo
mi è rimasta impigliata tra le dita una storia.

Quella di Larry Walters.

Io non so se qualcuno di chi legge sa chi fosse Larry Walters.
Beh, io ho cercato, rovistato il web, guardato le sue foto
alla ricerca del perchè e del come.
Della molla e delle molle

Larry in verità si chiamava Lawrence Richard Walters
e diventò famoso come


"Il pilota della sedia da giardino"



o "Larry Lawn Chair"


Larry non fu accettato in aereonautica perchè era miope.

Larry però voleva volare.

Larry era un camionista che passava tanto tempo a pensare seduto in giardino.
E pensava a come si può volare se non hai un brevetto:
Larry nell'estate dell' '82 mentre finisce la guerra delle Falkland,

mentre si ritrova il corpo di Calvi sotto il ponte dei Black Friars a Londra
e Israle invade il Libano...

Larry...
prende 45 palloni meterologici...
che ha comprato in un oultet di materiale militare...
li riempie di elio...

li attacca alla sua sedia a sdraio....

porta con se un fucile ad aria compressa...

una ricetrasmittente...

Vola.

Larry vola.

Vola.

Vola per 45 minuti.


Sopra San Pedro in California...
Sopra l'aereoporto di Long Beach...

Sopra le piccole cose che ci peoccupano,

Sopra le miserie e sopra le crisi...

Sopra la pace e sopra la guerra...

Sopra il "non puoi" e sopra " è impossibile".


Soprattutto sopra tutto.

Arriva a 1500 metri...

E informa un radioamatore di non preoccuparsi...

E di dire alle autorità che è tutto ok.
Ed è tutto ok.
Spara ai palloni.

Uno alla volta.

Ecco perchè ha un fucile.

Giusto.
Scende e scende male.

Sopra ai fili della corrente.
Ma scende e non si fa nulla.

Ha volato.

Sulla sua sedia.

Ha volato sopra i pregiudizi e le difficoltà.

Nonostante tutto e nonostante tutti.

Con i suoi occhiali e la sua miopia.

Ha vinto lui, ha vinto la sua sedia a sdraio.
Una volta per tutte.
Una volta sola volerà più in alto.
11 Anni dopo Larry vola di nuovo e per sempre.
Vola da solo, perchè non è facile rientrare nelle file dopo che hai fatto il salto.
Dopo che hai capito che puoi volare sulla tua sedia

senza ascoltare il brusio dei senzadio e senzasperanza.

Dopo che hai capito che quello che ci vuole è


l'amore per il tuo sogno.

Dopo avere capito tutto questo può capitare di sentirsi fuori posto.
Non è bello, ma posso, se non giustificare,
almeno comprendere lo smarrimento di chi ha fatto quello che doveva.

Quello che voleva.

Beh, a me la storia di Larry piace.

Mi piace la sua foto in bianco e nero,
seduto sulla sua sedia,
che volteggia a mezz'aria.

Come chi ha già staccato la spina dalle miserie umane.

Buon volo Larry.

domenica 26 ottobre 2008

CARISSIMO SEBA.......

Carissimo Seba,

ho riletto le riflessioni raccontate in “Giusto e sbagliato” .


Mi vengono spontanee alcune considerazioni
e a mia difesa, pure delle giustificazioni.

Si giustificazioni!

Perché entrambi sappiamo e come parte citata, io ancor più,
di non essere stato quel papà distributore di saggi consigli.

Forse mi sarebbe piaciuto esserlo,

ma non è nel mio stile
attribuirmi meriti per massime da sempre imparate da tutti,
anche se riconosco in esse “antica saggezza” e validità.

E’ difficile anche distribuire, insegnare,
proprie esperienze e proporle ad esempio.

Quel buon padre nulla rischiava nell’elargire consigli.

Tutti collaudati,
navigati nel tempo
e sopravvissuti ,
perché giusti.

Erano e sono ancora sapienza di popolo,
ricevuta gratuitamente,
perciò dovuta a tutti in ugual maniera.

Certo, avrei dovuto operare come quel papà
che giustamente ha indicato ai figli
quel che a lui era stato insegnato,
senza aggiungere altro,
forse non potendo aggiungere altro.

Ma io non potevo farlo.

Non potevo insegnare ciò che non sapevo.

Il papà l’ho avuto quasi per sentito dire.

Una figura desiderata,
ma mai conosciuta,
se non come in una favola raccontata:

“C’era una volta un papà..”.

Favola riempita di cari aneddoti
che tali sono rimasti,
lontani nel tempo,
dove il protagonista ha sempre avuto incerte sembianze
accompagnate da nebbiosi e lontani ricordi.

Sono cresciuto senza consigli,
con poche attenzioni,
in un terreno privo di percorsi,
senza cartelli indicatori,
incolto,
dove particolari esigenze
e sensibilità erano del tutto ignorate.

Tanti fratelli, ma non un solo maestro.

Ho attraversato la giovinezza con passo veloce,
con agire istintivo
e pensiero intuitivo,
angosciato e senza finalità.

Così, come il tempo passa e si ripete senza porsi perché.

Forse per questo, sono persona particolare.

Me ne rammarico,
mi sarebbe piaciuta la normalità.

Usando un termine riguardoso e compiacente
potrei definirmi “Fatto così, a modo suo”.

Certamente esulo da un comportamento standard, lo riconosco.

Particolare nel propormi,
nell’agire,
nel veicolare opinioni e pensieri,
e vero di poche parole.

Ma caro Sebastiano,

posso assicurarti

che la fiamma dell’amore per tutti voi,

ha alimentato ,

rischiarato costantemente

e con viva luce il mio andare.

E’ stato un vivere faticoso,
frenetico,
spesso caparbio,
anche caotico,
ma a differenza del giovanile passato,
ho sempre avuto avanti a me
un’agognata e legittima meta.

Un tempo prefissato,
stabilito per raggiungere e concretizzare
questo desiderio.

Il tempo della vigoria ,
dell’entusiasmo
e della speranza.

Erano tante le aspirazioni
e contenevano il mio sogno,
un sogno senza grandi pretese,
fatto di cose semplici ma tangibili,
cose desiderate da sempre e da tutti,
quali

amore,

felicità,

benessere,

sicurezza per noi .

Poi, ma per importanza non ultimo,
il raggiungimento della serenità,
mai posseduta e sempre voluta.

Atto finale, compendio di una vita,
da trascorrere in pacifica armonia
con tutto e tutti,
in un luogo dove anche il tempo,
non più incalzato dalla nostra frenesia
e manipolazione,
disponesse della facoltà di riposare e non più fuggire.

Luogo appagante dove il pensiero,
libero da preoccupazioni
godesse dei piaceri familiari
e cibarsi del dolce alimento di un soddisfatto,
appagante
e appagato pensare.

Certamente questo vecchio modo di raccontarsi,
oramai superato,
fa un po’ sorridere,
ne convengo,
ma questo è il frutto del mio bagaglio culturale,
altri non ne conosco,
chiedo scusa,
forse avrei dovuto aggiornarmi.

Pazienza!

Il vostro è un mondo dal pensare e dall’agire rapido,
e noi anziani non abbiamo più queste scattanti peculiarità.

Sono proprie della gioventù
e sono oltremodo necessarie
in questo innovativo mondo
che sta creando il nuovo uomo.

L’uomo tecnologico.

Speriamo sia un’evoluzione positiva,
qualificante
e anche di miglioramento spirituale.

Ho apprezzato il desiderio,

manifestato in “Giusto e sbagliato”

di parlare con me.

Ho gradito che anche tu,
espressione del vivere moderno,
senta il bisogno di conoscere meglio,
approfondire la conoscenza del mio piccolo mondo,
dei tanti piccoli mondi oramai andati.

Fallo sempre.

Quando ti capita l’occasione
non lasciartela fuggire,
raccogli il vero passato,
immagazzina tutto ciò che puoi,
prima che si allontani
e che il ricordo possa svanire.

Il mio mondo è quello che ha permesso il tuo.

Il mio passato è stato alimento per il tuo presente.

Riponi con ordine questi ricordi, ti potranno giovare.

Il tempo ha trasformato l’uomo,
l’ha rivestito di mille ambizioni,
mille conoscenze.

Ma se lo spogli, troverai quello di sempre,
l’uomo ancestrale,
debole,
indifeso
e pieno di paure.

Come vedi, finalmente sono riuscito a dare dei consigli,
certamente pure questi ovvi,
ma con una qualità:

La sincerità.

Ciao

papà

Ottobre 2008

domenica 19 ottobre 2008

CHI HA UN AMICO...

Chi ha un amico
ha risolto parecchi problemi.
Chi ha un amico
sa che non serve esserci per contare.
Chi ha un amico
sa che prima o poi
troverà la maniera per sdebitarsi
di un debito che non ha un proprietario.
Chi ha un amico
trova la maniera
di fidarsi del suo futuro
anche se non ci sono buoni motivi per farlo.
Chi ha un amico
è fortunato
e bravo allo stesso tempo.
Chi ha un amico
è un po' più uomo
ogni volta che è più disperato.

sabato 18 ottobre 2008

domenica 12 ottobre 2008

GIUSTO E SBAGLIATO

Che strano come il giro del tempo
ti ritorca come un filo
e ti faccia ritrovare
la fine con l'inizio.

Hai un bel da fare
a provare a giustificare
tante azioni spavalde,
tanti atteggiamenti ribelli,
tanti "no" detti in gioventù
quando i molari ti cominciano a fare male uno dopo l'altro,
segno odontoiatrico che i giorni passano
e i denti, inevitabilemente,
tendono a cadere.

E così... Nella sala d'attesa del dentista...
I pensieri gironzolano... Si tamponano...
Scappano via e ritornano.

Com'è che fa quella riflessione?...
'A quindici anni tuo padre ha sempre torto...
A venti è uno stronzo...
A trenta a volte aveva ragione...
A quaranta fai tutto come diceva tuo padre...'

Provo a impilare le cose che mi diceva...


Lavorare per te
è la cosa da fare.

Alzati presto e vai a letto tardi
se vuoi che rimanga qualcosa.


Non spendere mai più di quello che guadagni.

Non cambiare stile di vita
solo perchè hai una lira in più in tasca.


Preoccupati degli altri,
ma non preoccuparti
di quello che pensano di te gli altri...

Chi conosce poche parole
si trova ad ubbidire a chi ne sa tante...


Certo alcune le ha anche sbagliate... Ma...

... Ma quella sulla finanza no...
Una casa è sempre una casa...
La carta a volte ritorna carta...

Sarà il dentista che mi aspetta...
Sarà che mio padre parlava poco
e quindi così sbagli anche poco...
Ma avrei voglia di stare lì
a parlare con mio padre
e dirgli che ha sbagliato poco...
A una certa età sono certo che fa piacere
sentirselo dire da un figlio...

Facciamo una raccolta di cosa hanno detto
di giusto o sbagliato i nostri papà?

giovedì 9 ottobre 2008

Semplicità ed essere in forma.

Semplicità... Semplicità... Semplicità...

Ho sempre l'impressione
che sia collegata
alla possibilità di avere
idee chiare...

Ed avere idee chiare
per me
è stato sempre connesso al fatto
di sentirmi bene fisicamente...

Coerenza di testa e corpo...

In forma insomma.

Lancio la palla a chi legge...

Una definizione di 3 righe di "essere in forma"....

Me la date?
Sebastiano

venerdì 3 ottobre 2008

'Volevo solo tenere a posto.'

L'omino pensionato che zappa con cura
le quattro aiuole pigre e di nessuno
che giacciono silenziose e scapigliate
lungo la strada
che come un nastro trasportatore
ti trascina verso il posto di lavoro,
sembra pensare ad un mondo spaziale tutto suo.

Gli passo accanto, ma è come fossi trasparente.

Le erbe che crescono disordinate
in ogni fessura
che il cemento dimentica di stuccare
vengono trovate, identificate, estirpate
dalla sua mano ruvida e callosa
figlia di anni di piccoli calvari personali,
di solitudini lavorative,
di vuoti di significato.

Torno sui miei passi.

Le aiuole non sono sue.
Lui ha un giardinetto li di fronte,
piccolo e ordinato come le vie dell'Alto Adige.

I sassi pettinati nel vialetto e gli attrezzi
sempre in ordine di grandezza come le matrioske.

Torno suoi miei passi e sorrido.

"Grazie" gli dico.

Mi guarda e sorride confuso.

Mi parla in dialetto, piano, sbiascicato,
dandomi solo uno sguardo timido.
Balbetta di erbe, di autunno, di 'Meglio se tutto è in ordine'...

"Grazie per occuparsi di queste aiuole" dico io.

I pantaloni della tuta
e le maniche della vecchia, stralunata e fuoriorario felpa
che lo copre dai primi freddi, smangiucchiata sui polsini,
parlano di ore lunghe e povere
a fare passare la lancetta della sveglia
per affrettarla verso la fine della giornata.

Non capisce bene.

Devo essere il primo che lo ringrazia.
O forse che gli parla.

Borbotta del tempo, del rastrello, poi tace.

Si immobilizza e appoggia la zappa
sull'unico albero guardiano dell'aiuola.

"Lo sa?" , traduco dal dialetto, "Sono andato in comune
per chiedere se potevo curare tutte le aiuole della strada,
e se mi prestavano una zappa e una vanga, qualche attrezzo".

" E poi? " Chiedo incuriosito.

" E poi" mi risponde agitato "Mi hanno detto di no,
che non devo farlo io. Che non è un affare mio.
Ma perchè allora qui è tutto lasciato andare?
Io mica volevo soldi, volevo solo tenere a posto"
dice tirandosi su sulla schiena.

"Beh" continua riprendendo la zappa "Io li ho fregati,
e tengo a posto lo stesso con gli attrezzi miei".

Lo guardo. Nel bagaglio ho una felpa nuova.
Sta meglio a lui.
Molto meglio.
In fondo voleva solo tenere a posto.

martedì 30 settembre 2008

GIOCHIAMO: ORA SCRIVI TU.... PARLIAMO DI SEMPLICITA'.

Semplicità.

Ultimamente sento sempre più impellente il bisogno di semplificare, ridurre, incorporare, minimizzare.

Ogni aspetto.

Ogni momento.

Ogni cosa.

Pensavo di scrivere due righe sull'argomento,
ma credo che sia più interessante chiedere un parere
a chi ha la bontà di frequentare questo blog!


Cosa consigliate per semplificare la vita?

Grazie,
Sebastiano

martedì 23 settembre 2008

Guest Post di Mr.Luca Baiguini - Una breve riflessione sulla fretta

Voglio iniziare questo piccolo ragionamento con una storia.

"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.
Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall`altra parte.
Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre.
Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all`albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno".

Qualcuno avrà certamente riconosciuto questo racconto: è la Parabola del Buon Samaritano, narrata da Gesù Cristo e riportata nel Vangelo di Luca.
Che cosa abbia a che vedere con il tema della fretta, forse non è ancora chiaro, anche se qualcosa lo si potrebbe già intuire.
Questa parabola fu fatta oggetto di un interessante esperimento da due ricercatori: Darley e Batson.
Questi si recarono da un gruppo di studenti di teologia, e finsero di essere lì per verficare la loro capacità di parlare a braccio.
Il set dell'esperimento prevedeva che, in un edificio poco lontano, un assistente li stesse aspettando per registrare la loro performance oratoria.
Ad una metà degli studenti fu chiesto di parlare del valore che l'esperienza in seminario avrebbe potuto rivestire in occupazioni professionali diverse dal ministero religioso.
All'altra metà fu chiesto di commentare la parabola del buon samaritano.
Quindi, i ricercatori introdussero un'altra variabile: il tempo.
Ad un gruppo dissero che avevano a disposizione ancora qualche minuto per recarsi nello stabile dove tenere il loro discorso, ad un altro che erano in perfetto orario ed, infine, ad un terzo gruppo dissero che erano già in ritardo.
Gli studenti, mentre si recavano uno per volta nell'altro edificio, in un corridoio incontrarono un uomo riverso accanto al muro, in evidente difficoltà, che tossiva e si lamentava (naturalmente, si trattava di un attore assoldato dai ricercatori). Vi ricorda qualcosa? Era stata messa in scena la parabola del Buon Samaritano!
La domanda a cui Darley e Batson volevano rispondere era: quanti (e quali) studenti si fermeranno ad aiutare l'uomo?

I risultati di questo esperimento sono molto istruttivi, anche perché i ricercatori avevano valutato (per mezzo di test) le motivazioni su cui si basava lo spirito religioso degli studenti.
Ecco le conclusioni a cui giunsero:

la motivazione religiosa personale non aveva alcuna incidenza sulla capacità degli studenti di tradurre in pratica gli insegnamenti del Vangelo (in parole povere, non c'era alcuna correlazione tra la tipologia di motivazione che li aveva spinti a studiare teologia e il fatto che gli studenti si fermassero o meno ad aiutare l'uomo in difficoltà)
la circostanza che gli studenti avessero appena avuto modo di riflettere sulla Parabola del Buon Samaritano non aveva alcuna influenza sul fatto che gli studenti si fermassero o meno (non c'era una differenza statisticamente significativa tra chi aveva ricevuto il compito di tenere un discorso sulla Parabola e chi no)
l'unica variabile a determinare in maniera significativa il comportamento degli studenti era il tempo: chi pensava di avere sufficiente tempo a disposizione, in genere, si fermava ad aiutare il malcapitato.
Chi riteneva di non averne, letteralmente lo scavalcava ed affrettava il cammino.
Anche se stava riflettendo sul messaggio d'amore e di attenzione trasmesso dalla Parabola!
Credo che questo esperimento ci insegni qualcosa circa la fretta, e circa il fatto che il fattore tempo è spesso in grado di abbattere le nostre buone intenzioni (fattori motivazionali) e le buone raccomandazioni che spesso facciamo a noi stessi (e, magari, agli altri).
E credo anche che qualunque leader che abbia a che fare con un gruppo debba tenere conto di quanto la sua comunicazione circa l'uso del tempo può impattare sui comportamenti dei singoli e dei gruppi.

Insomma, comunicare fretta e concitazione può significare radere al suolo tutto il lavoro sui valori, sulle buone pratiche, sulla buona comunicazione, sull'attenzione reciproca fatto in un gruppo.

E, a pensarci bene, è un attimo....



Luca Baiguini
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domenica 21 settembre 2008

GENITORI IN FORMAZIONE 2008/2009

Il progetto "genitori in formazione"
è una di quelle belle storie a lieto fine
in mezzo alle tante tristezze che la cronaca,
molto spesso strumentalmente, propone.


Genitori, insegnanti, professionisti, figli,
che volontariamente collaborano
per creare momenti in cui sogni, consigli, esperienze
vengono condivisi e portati ad un livello superiore.


Non è cosa da poco.

Non è da poco ripetere anno dopo anno
e ricevere un consenso tale
da dover sdoppiare le sedi e gli appuntamenti.


Chi ha frequentato le serate le vuole ripetere,
approfondire, tradurre in realtà.


I punti di vista e le connessioni hanno creato
consapevolezza della difficoltà,
ma anche della immensa opportunità
che essere genitore rappresenta.


Gli errori o si fanno da se o si impara da quelli degli altri.

La seconda via è meno dolorosa.

Anche quest'anno saremo li
in compagnia di gente capace,
ma soprattutto capace di compartecipazione e di ascolto.

Che poi sono le porte per iniziare a parlare di amore.

E solo Dio sa quanto noi ed i nostri figli
abbiamo bisogno di parlare di Amore.


Fare il genitore è un mestiere duro
e forse necessiterà di qualche serata di formazione,
ma non c è nessuna altro lavoro
per cui le spenderei altrettanto volentieri.


Vi aspettiamo.

Sebastiano



Clicca sui seguenti link per maggiori informazioni:

Casella D'Asolo e di Montebelluna

sabato 13 settembre 2008

Attenzione alle parole...Una frase può girare il mondo.

" Puoi mettere del rossetto

ad un maiale....

Ma rimane sempre

un maiale".

Barack Obama

giovedì 11 settembre 2008

News from Maurizio Marchiori

tarMAG

tarMAG is a biannual magazine about art, aesthetics, fashion and social consciousness, presenting today’s most distinguished writers, photographers, designers, artists and thinkers.
The first issue launches globally in fall 2008 with a 90,000 print run.
The debut issue cover will be an original piece of commissioned art
work by the artist-director Julian Schnabel, winner of the 2007 Golden Globe Award and Independent Spirit Award for best director, with actor Benicio Del Toro, winner of this year’s best actor award at Cannes for his performance as Che Guevara in Steven Soderbergh’s upcoming biopic, The Argentine.
Other contributors include:
Juergen Teller - Matthew Barney - Terry Richardson, - Ryan McGinley - Richard Prince - Arianna Huffington - David Cronenberg
Salman Rushdie
- Dave Hickey - Jonathan Lethem - Naomi Wolf - Tilda Swinton, and others.
tarMAG is printed on a sheet-fed press, uses eco-materials, 10 color process, and special state of the art printing by tarSIZ publishing at Stamperia Valdonega in Verona, Italy.

lunedì 8 settembre 2008

IMPARARE, ALTRO CHE IL FONDO PENSIONE...

Ipotizzando il fatto che

un individuo abbia

deciso

cosa vuole fare,

cosa crede che lo realizzerà
personalmente o professionalmente,
rimane da introiettare un fatto.

La sua capacità di arrivarci
è legata alla sua capacità
e possibilità

di imparare cose nuove.

In questo momento la nostra capacità
di salire un altro gradino
è limitata dalla nostra
ignoranza specifica.

Se sapessimo cosa e come fare
per procedere
lo avremmo fatto.

Se non l'abbiamo fatto
è perche ci manca qualcosa.

Potrebbe essere una competenza tecnica o la motivazione.

Resta fermo che un elemento o più ci sono ignoti.

Dove stanno queste informazioni?


>> 1 <<


Non stanno di solito in posti
o persone che frequentiamo,
anzi, di solito una informazione mancante
manca solo perchè non abbiamo la buona abitudine
di spingerci fuori dal nostro recinto.



>> 2 <<


Sono spesso vicine a chi ha già fatto
o provato a fare o essere o avere
ciò che vogliamo.




Non rimane che leggere libri o ascoltare audiolibri:
è una facile via per trovarle
visto che queste sono tra le poche vie
attraverso cui le esperienze altrui
divengono patrimonio di altri.

Se tenete conto che un italiano
legge in media meno di un libro l'anno
se ne leggete uno al mese sarete velocemente
12 volte più preparati della media
in uno specifico campo.

Si tratta di investire venti minuti al giorno
in letture coerenti con il vostro interesse
e probabilmente meno del 2 per cento del vostro reddito.

L'investimento è destinato a dare frutti
e mantenere alta la nostra capacità di sviluppare risultati.

Fosse anche rimanere maestri zen.
Infatti le nostre abilità,
se non aggiornate,
tendono ad ossidarsi,
a diminuire la loro capacità con il tempo.

E' una legge naturale,
che terminerà con un bel buio totale,
ma almeno

vendiamola cara e bene questa pelle.

Diamoci una possibilità
per lasciare il pianeta
con un bel sorriso
di chi non ha rimpianti
e se l'è giocata tutta.

Certo...Ci vuole un obiettivo.

Ma questa non è una novità.

Poi chiedersi "cosa mi serve
per diventare il migliore in quel campo?".

Poi...Leggere... Chiedere... Imparare... Per sempre.

In ultima, come dice Tom Peter "Fare".

La strategia va bene,
ma niente è più costruttivo
di mettere le mani in pasta.

Seguite questi passi e dite
al vostro consulente del fondo pensione
che state già costruendo un fondo non svalutabile.

Se non sarà contento...

Significa che non vi vuole bene.

Il video di presentazione di "Io, societa' a responsabilita' illimitata"

Un Video che vale : Last lecture di randy Pausch

- "Ogni ostacolo, ogni muro di mattoni, è lì per un motivo preciso. Non è lì per escluderci da qualcosa, ma per offrirci la possibilità di dimostrare in che misura ci teniamo. I muri di mattoni sono lì per fermare le persone che non hanno abbastanza voglia di superarlo. Sono lì per fermare gli altri".